Monselice, in quanto a misteri e storie insolite, ci dà molte soddisfazioni. Infatti abbiamo, oltre a una folta gamma di leggende riguardanti le sue origini, anche un lungo inventario di fantasmi che la popolano. Il castello del paese fu fatto riedificare dal tiranno Ezzelino da Romano sui resti di una fortezza antica ed è oggi l'habitat ideale di almeno tre spettri. Ma tralasciando per un attimo gli spiriti che lo popolano, dovete sapere che si fantastica ancora'molto riguardo ai quattro canali che, partendo da punti diversi del castello, raggiungono un sotterraneo senza uscita. Secondo alcuni, il sotterraneo sarebbe il pozzo di un trabocchetto nel quale i malcapitati venivano fatti precipitare. Secondo altri, laggiù si faceva bollire la pece da rovesciare sul nemico in caso di assedio. Ma torniamo ai nostri fantasmini. Essendo Ezzelino un tiranno, potrete facilmente immaginare che anche la sua donna non fosse una chierichetta. Avalda, infatti, praticava le arti della stregoneria e della negromanzia, e aveva dimestichezza con l'uso dei veleni. Il suo amato le regalò questo castello, dove si circondò di bellissimi e giovani amanti, che faceva crudelmente uccidere tra mille torture dopo aver soddisfatto i suoi desideri lussuriosi. Quando Ezzelino scoprì di non essere esattamente l'unico a far battere il cuore di Avalda, le skills della giovane non servirono a molto: la fece infatti uccidere da un sicario proprio nel castello, dove tutt'oggi compare vestita di bianco e con l'abito grondante di sangue, in cerca di pace. Ma Avalda è in buona compagnia, infatti all'interno del castello si aggira anche lo spettro di un uomo magro, consunto, con lunghi capelli grigi e spettinati, che trascina i suoi passi incerti con l'aiuto del bastone. Jacopino da Carrara di certo non vorrebbe essere ricordato così: nominato signore di Padova il 22 dicembre 1350 insieme allo zio Francesco, abbiamo tutti i motivi di credere che fosse una personcina rispettabile. Jacopino fu rinchiuso in questo castello per diciassette anni proprio dallo zio, che lo sospettava di tramare contro di lui. Il malcapitato, infine, fu lasciato morire di fame e le sue urla si sentirono per molti giorni. La sua amante, Giuditta, ignara di cosa fosse accaduto al suo Jacopino, vaga ancora intorno al castello, chiedendo ai passanti notizie dell'amato. Monselicensi, prima o poi dovrete pur dirglielo. |
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tratto da "Misteri e storie insolite di Padova" -Newton Comption editori |